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  • Immagine del redattore: Isabella Ferrari
    Isabella Ferrari
  • 27 dic 2015
  • Tempo di lettura: 1 min

A natale due persone diverse mi hanno regalato quasi la stessa cosa: il catalogo fotografico di Vivian Maier e il dvd con la sua strana storia.

Una fotografa"ritrovata" per caso in un ammasso di foto e negativi comprati per caso all'asta.

Le sue foto sono molto belle, libere. Libere dal dover piacere a qualcuno, libere dagli schemi delle correnti artistiche, del fotogiornalismo e dell'editoria. Sono i suoi momenti, le cose che ha visto e che l'hanno colpita, liberi dal giudizio dello sguardo degli altri, forse perché sapeva che non le avrebbe mostrate a nessuno.

Si stima che abbia prodotto oltre 150.000 foto, ma moltissime, forse la maggior parte, non le ha nemmeno viste: sono rullini non sviluppati.

Nel film si intervistano decine di persone che lei ha conosciuto, per cui ha lavorato, genitori o bambini di cui si è presa cura nell'arco di molti anni, vivendo nella stessa casa. Tutti ricordano che Vivian era sempre con la macchina fotografica al collo. Incredibilmente però, a sentire le interviste, nessuno mai provato la curiosità di vedere le sue immagini. Lei d'altronde non le mostrava. Eppure sapeva di essere brava, era molto sicura, inseguiva ciò che le piaceva.

Ora, dopo la sua morte, grazie a una scoperta casuale e alla determinazione di un ragazzo che detiene la maggior parte del suo lavoro, sta diventando famosa in tutto il mondo.

Questa storia di coincidenze casuali mi ha colpito, e in due giorni ho creato il sito "fotostorie".

Anche se sono timida e riservata, non voglio che le mie foto rimangano non viste e non condivise come quelle di Vivian, perché credo che abbiano un valore.

 
 
 

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